La Penna dei Ragazzi 1930/1934

Una mattina dell’autunno del 1929 il preside del Regio ginnasio-liceo Tasso, Eliseo Grossi, accompagnò nella terza ginnasiale sezione D due giovani provenienti da Milano: Ruggero Zangrandi e Vittorio Mussolini. Entrambi vennero introdotti in classe senza particolari cerimoniali e fatti sedere uno accanto all’altro, nella fila centrale.

Erano passate poche settimane dall’inizio del nuovo anno (10 Gennaio 1930) quando, durante l’orario di lezione, Vittorio tracciò il bozzetto di quella che sarebbe dovuta essere la copertina di un giornaletto scolastico e lo fece girare tra i banchi. Il foglio si sarebbe chiamato “La Penna dei Ragazzi”. Poichè Vittorio e Ruggero erano minorenni, fu nominato gerante responsabile della testata, con il beneplacito di Mussolini padre, il seniore della milizia Marino Reatto, istitutore dei figli del duce e di casa a villa Torlonia. Vittorio assunse la qualifica di Direttore mentre Ruggero, di fatto il vero compilatore del giornale, quella di redattore capo. La redazione si trovava a Villa Torlonia. Dieci giorni dopo uscì il primo numero, con una tiratura di cinquanta copie, al prezzo di venti centesimi l’una.

Da principio si trattò di un paio di fogli ciclostilati con un Gestetner regalato a Vittorio dallo zio Arnaldo, fratello minore del padre, subentratogli nella direzione del “Popolo d’Italia”.
Venivano stampate poche decine di copie, diffuse tra gli studenti ginnasiali del Tasso.

Al terzo mese la veste si fece più classica, con scrittura a macchina, su sei pagine, e le copie salirono a 100.

L’anno successivo il formato fu ridotto e si passò alla stampa. La Penna uscì a otto pagine regolarmente stampate nella tipografia Luzzatti di Corso Umberto, che diventò un luogo d’incontro degli amici di Vittorio. Il giornale si era arricchito di illustrazioni e disegni; dedicava rubriche fisse a vari argomenti: il cinema, di cui si occupava Vittorio, l’enigmistica e lo sport. 300 copie il primo numero, 600 il secondo.

Con il passare del tempo l’impresa assunse dimensioni imprenditoriali e la tiratura raggiunse presto le mille copie.
Mussolini duce seguiva con benevola e paterna attenzione l’attività di quegli adolescenti affetti dalla febbre del giornalismo.
“La Penna dei Ragazzi” ospitava nelle proprie pagine un po’ di tutto: versi e racconti, arte e sport, giochi e conscorsi, economia e politica. I primi anni videro il prevalere dei temi letterari.

Nel Marzo 1931 l’Associazione “Giovani scrittori e giornalisti d’America” chiese una copia del giornale e un articolo di Vittorio. Molti i giornali italiani ed esteri scrissero riguardo la singolare esperienza di giornalismo giovanile italiano.

I ragazzi che componevano la redazione (Molajoni e Liberti oltre a Zangrandi e Mussolini) passarono l’estate del 1932 a progettare la nuova veste grafica della Penna.
Programmi e propositi li elencò Ruggero Zangrandi in un fondo d’apertura sul primo numero agli inizi di Ottobre.

La Penna dei Ragazzi si arma. Si arma a dispetto di tutte le conferenze per il disarmo e per la pace, e si equipaggia per una lunga e faticosa camminata… Nostra meta è il raccogliere intorno a noi quanti più giovani è possibile; e far parlare la generazione che cresce, nelle nostre colonne con sincerità e forza, è divenire il portatore e il megafono di quanti vogliono udire e far udire il pensiero e la volontà di coloro che hanno il diritto di vivere e morire per una Patria che non mai come oggi si sente pagana di arte, latina d’azione, Romana di forza”

Penna dei Ragazzi anno IV n. 1

«Eravamo a villa Torlonia», rammenta Enzo Molajoni, «e avevamo bandito un concorso per novelle e poesie. Ci trovavamo in un saloncino dove studiavamo e giocavamo oltre a fare delle riunioni periodiche per leggere le cose da pubblicare. Eravamo intorno a un tavolo e stavamo scorrendo il materiale ricevuto quando sentimmo dei passi cadenzati che mi impressionarono per il loro risuonare sul pavimento di marmo del corridoio. Si presentò così il duce, con un fare autoritario e pieno di sé, con la testa ben sollevata. “Chi è Zangrandi?” domandò. Ruggero era visibilmente emozionato, e Vittorio, piuttosto impacciato, rispose: “Eccolo”, e lo indicò. Dopodiché aggiunse: “E questo è Molajoni”. Mussolini ci diede delle pacche sulle spalle e se ne andò. »
Erano trascorsi alcuni mesi da quel primo incontro e proprio all’indomani delle celebrazioni per il decennale, sempre a villa Torlonia, il duce si presentò nuovamente davanti a Ruggero e gli mostrò, sottolineati con inchiostro verde, a detta di Mussolini dallo stesso Pio XI, alcuni versi di una poesia che aveva fatto trasalire il pontefice. Dopo averli letti il Papa li aveva spediti al duce accompagnandoli con parole di contrarietà. La lirica contestata era apparsa sul n. 2 della «Penna» con il titolo Nel Decennale.
Interessante che il Papa fosse “abbonato” ad una rivista di carattere studentesco come quello della Penna e ne leggesse gli articoli con interesse, tanto da obiettare sui suoi contenuti. Evidente segno di come il periodico stesse raggiungendo spazi di più ampio respiro. Purtroppo tale numero non è pervenuto.
Ad ogni modo Zangrandi fu rimproverato a dovere e Mussolini diede personalmente disposizioni a Marino Reatto affinché non si ripetessero episodi del genere.
Tutto sommato il giornale continuò con le sue costanti note pungenti nei confronti del Vaticano. Fu pubblicato un lungo articolo in cui si rivolgevano pesanti accuse di collusione tra il governo pontificio d’un secolo prima e il brigantaggio in Ciociaria. L’Osservatore Romano rispose quella volta pubblicamente con un risentito corsivo significativamente intitolato “Occhio alla penna”.

La classe di Vittorio e Ruggero al liceo Tasso era piuttosto irrequieta, la più famosa di tutta la scuola per l’attivismo e l’intraprendenza dei suoi studenti. In un’altra sezione, un anno indietro, c’erano Edoardo Perna, Mario e Vittorio Solmi, Pasquale Panunzio, Vittorio Pirro, Mario Alicata e Bruno Zevi.
Nel dicembre 1932, a Traù, in Dalmazia, furono distrutti i Leoni, scultorei emblemi della Repubblica di Venezia. Lo scempio destò in tutto il Paese una profonda emozione. Mussolini, parlando davanti al Senato, chiamò in causa la Jugoslavia. I giovani fascisti colsero l’occasione per inscenare alcune manifestazioni di protesta. Al liceo Tasso, per la prima volta nella storia dell’istituto, sotto la spinta di Vittorio Mussolini e di Ruggero venne indetto un corteo che si recò fin sotto l’ambasciata del Paese confinante. Era uno sciopero in piena regola e il giorno dopo Vittorio varcò la soglia dell’istituto senza giustificazione. Lo seguirono tutti.

A partire dalla metà di novembre, «La Penna dei Ragazzi» subì un notevole cambiamento divenendo rivista con un formato più piccolo e maneggevole. Una pubblicazione che anche nella nuova veste si occupava essenzialmente di letteratura, nonostante non mancassero articoli più o meno dilettanteschi su temi di attualità politica. Versi e novelle arrivavano copiosi dagli studenti di tutta Italia. Per l’occasione un grande pittore, Mario Sironi, ne disegnò la copertina, con tutte le impronte della sua plumbea arte in camicia nera. La rivista, a venti pagine, balzò a una tiratura di duemilacinquecento copie.

La Redazione non si risparmiò neanche nel “botta e risposta” con altri giornali, tanto da creare delle vere e proprie dispute. Ruggero, sul n. 15 del 20 febbraio, attaccava violentemente i futuristi, non risparmiando paragoni irriverenti e giudizi dissacranti. A villa Torlonia giunse una valanga di lettere di protesta e di condanna. Poche quelle favorevoli. Nel numero successivo Vittorio scrisse un articolo in difesa dell’amico, ma servì a poco. Infatti, sul n° 28 di «Futurismo», tale signor Futur, in una postilla alla rubrica Velocizzatore, si diceva «arciconvinto» che dietro l’articolo di Zangrandi ci fosse un «professore impolverato e incartapecorito»; in un’altra risposta un Luigi Milani parlava, a proposito di Ruggero, di «sacrosanti cazzotti futuristi» e la mattina del 2 marzo, in via Tirso 101, due uomini ne attesero inutilmente l’arrivo non certo per scambiare due chiacchiere.

Nel marzo del 1933, quella che era stata fino ad allora soltanto un’attività giornalistica improntata a un generico senso di insofferenza verso l’ufficialità e il conformismo dilaganti, si trasformò in qualcosa di diverso. Sette adolescenti (Tito Silvio Mursino, anagramma di Vittorio Mussolini, Ruggero Zangrandi, Cesco Colagrosso, Francesco Mazzei, Enzo Molajoni, Enzo Faccini e Marcello Merlo) si riunirono in un «cenacolo di revisione e di ricostruzione» e diedero vita a un movimento con intenti di palingenesi universale. Nacque così il Movimento novista italiano, con sede in via Tirso 101, che nel maggio successivo si dotò perfino di un manifesto programmatico. L’iniziativa era piuttosto anomala per quei tempi e per l’ambiente in cui vedeva la luce. Si trattava infatti pur sempre di un’associazione svincolata dalle organizzazioni ufficiali del regime, le uniche abilitate a raccogliere la gioventù fascista. L’eco della battaglia contro i futuristi aveva assunto per Ruggero, così come per altri studenti, i connotati di una rivolta generazionale.

Fu in quelle settimane che Ruggero entrò in corrispondenza epistolare con una ragazza di Firenze, Clara Foggi, abitante in via Santo Spirito 28. Fra i due iniziò un rapporto fatto di confidenze, di simpatia, di curiosità determinata dal conoscersi solo tramite lettera e di stima reciproca.
Ricorda Antonio Bernieri “pochi di noi la conoscevano di persona, ma quasi tutti avevamo avuto con lei un periodo più o meno lungo di corrispondenza epistolare. Era stata per Zangrandi, che lei chiamava “il piccolo padre”, e lo fu per quasi tutti noi, una specie di ninfa Egeria”. Giovane donna di modeste condizioni, per di più orfana, era condannata a vivere in casa perché affetta da epilessia e subiva più crisi ogni giorno. Scriveva poesie, novelle e brevi saggi, molte delle quali, pubblicate tra le pagine della Penna.

Ben presto l’esperienza del novismo si concluse (dopo che la polizia iniziò a controllare le loro lettere e andò a casa per accertarsi chi fossero i cospiratori), ma quella rete di collegamenti non si sfaldò. Al contrario. Si rafforzò grazie anche ad «Anno XII», la rivista che sostituì «La Penna dei Ragazzi» e che Vittorio e Ruggero iniziarono a pubblicare agli inizi dell’anno scolastico 1933-’34. Il nuovo nome, scritto in caratteri romani, era stato suggerito dallo stesso duce, in riferimento all’anno dodici dell’era fascista.

Parti del brano liberamente tratte da “Fuori dal Coro – Biografia di Ruggero Zangrandi” di Aldo Grandi, Baldini&Castoldi, 1998

ANNO I

Anno I n. 2 – 27 Gennaio 1930

Anno I n. 3 – Febbraio 1930

Anno I n. 4 – 10 Febbraio 1930

Anno I n. 5 – 17 Febbraio 1930

Anno I n. 6 – 24 Febbraio 1930

Anno I n. 7 – 2 Marzo 1930

Anno I n. 8 – 10 Marzo 1930

Anno I n. 9 – 17 Marzo 1930

Anno I n. 10 – 24 Marzo 1930

Anno I n. 11 – 1 Aprile 1930

Anno I n. 12 – 7 Aprile 1930

Anno I n. 13 – 14 Aprile 1930

Anno I n. 14 – 28 Aprile 1930

Anno I n. 15 – 8 Maggio 1930

Anno I n. 16 – 18 Maggio 1930

 

ANNO II

Anno II n. 1 – 13 Ottobre 1930

Anno II n. 2 – 20 Ottobre 1930

Anno II n. 3 – 27 Ottobre 1930

Anno II n. 5 – 10 Novembre 1930

Anno II n. 7 – 24 Novembre 1930